12 Madrigali per 8 (o 7) cantanti |
Instruments: | 2 soprani, mezzosoprano, (contralto), controtenore, tenore, baritono, basso | |
Composition year: | 2007 | |
(c): | Rai Trade 2007 | |
Catalogue number: | RTC 2618 | |
Manuscripts and printed documents kept at the Paul Sacher Foundation in Basel> | ||
First performance: | 03.08.2008, Salzburg, Salzburger Festspiele - Neue Vocalisten Stuttgart | |
Duration: | 44' | |
12 Madrigali, perché oggi.
Immaginate un compositore che, quasi a metà del suo cammino, senta l'esigenza di un nuovo stile di canto.
In quel tempo la voce compariva occasionalmente, così gli sembrava, quasi marginale nel panorama musicale contemporaneo,e ciò valeva pure per lui, per i propri lavori. Ma già nel risveglio della coscienza si celava il seme di unprogetto estetico non privo di coraggio.
Mancanza di canto equivale a sentire un vuoto di presenza umana protagonista. Si poneva dunque una questioneimpossibile da eludere, una questione di identità e alienazione.
Come andare incontro a uno stile, se non esiste ancora? Dobbiamo costruirlo, anzi inventarlo. Uno stile non si sogna,non sarebbe sufficiente; esso va realizzato man mano nel comporre, umilmente e ambiziosamente. Bisogna indagarefra le infinite possibilità che il linguaggio, combinatorio per essenza, ci offre. Poi: verificarne i risultati, opera dietro
opera.
In quest'impresa mi sono messo più di venticinque anni fa. Dovevo però liberarmi subito degli automatismi compositivicorrenti, derivati direttamente o indirettamente sia dalla tradizione antica sia da quella attuale. Liberarmi, al fine dievitare indifferenza e banalità; nuova espressione infatti vuol dire oltrepassare, bucare tutto ciò.
Fra le mie carte ho trovato, a proposito di canto, lo scritto seguente.
L'unione misteriosa e potente fra il suono e la parola. Parola e suono, suono e parola: questo ècantare. Per inventare un canto non basta soltanto comporre per voce. Necessario prima pulire lamente, rendere trasparenti gli stessi intervalli attraverso cui è passata tutta la musica del mondo,montagne di canzoni, insomma ciò che costituisce la gigantesca discarica entro cui viviamo.
L'ecologia è il nascere di una coscienza, per agire nel rinnovarsi. E dunque ecologia del suonovuol dire certo tornare al silenzio, ma specialmente ritrovare un'espressione senza aridità e senzaretorica.
Quando la voce si è affidata al silenzio, non resta che bocca, cavità, saliva. Le labbra dischiuse,confine di un vuoto oscuro, della sete e della fame.
(2005)
La corporeità, cui nelle ultime righe si fa cenno, può introdurci dritto alla particolare drammaturgia che questamusica vuole innescare.
Vi sono versi caratteristici della specie umana che si prestano ad essere assunti nel canto perché già di natura sonoraed elaborati, come il lamento genericamente inteso; oppure il pianto, che un'ambigua distanza separa dal riso (uncaso esemplare offre la mia opera Perseo e Andromeda, dove sull'articolazione del singhiozzare si configura l'interofinale).
A differenza di altri compositori, a me interessa mettere l'ascoltatore al centro del percepire, circondarlo diinequivocabili segnali di comportamento. Produrre cioè le condizioni in cui la mente di chi ascolta si attivi e comincia produrre a sua volta immagini di immediatezza irresistibile.
Se non ora, quando?
Se non qui, dove?
Se non tu, chi?
Questo dice la mia musica a chi l'ascolta. Dice un incontro e un invito: apri la mente, prendi coscienza. O semplicemente:seguimi.
Io conduco l'ascoltatore dentro la musica, per stimolarlo con eventi minuscoli. Essi attirano la sua attenzione, possiedonouna certa periodicità irregolare e sospesa che desta in ciascuno l'illusione di un ambiente vitale.
È un'innovazione prospettica radicale, poiché coinvolge alcuni codici profondi della percezione, conferisce all'ascoltatoreun ruolo diverso, di spettatore: non più testimone ma partecipe di qualcosa che lo tocca direttamente.
Un taglio di luce che acceca, e noi siamo lì presenti alla scena di musica; se poi comincia la tragedia, assistiamo aepisodi tesi, a fatti di sangue, e il nostro esserci è ancora più esposto e sensibile.
La volontà di rompere lo schermo che abitualmente separa l'opera d'arte dalla vita è non a caso l'aspetto che puòrendere problematica per alcuni la mia musica. Lungo i momenti di una produzione compatta e conseguente, hooperato attraverso gli anni una drastica riduzione di tutto il superfluo, grazie a un gioco di stasi, di ombre e lucisonore, la scena viene stretta attorno a figure, a visi e a oggetti essenziali, costringendo lo spettatore al nocciolo deglieventi. Pensiamo per analogia al primo piano cinematografico, con la consapevolezza tuttavia che in teatro non esistealcuno zoom se non psicologico.
Tra i personaggi si svolgono strani dialoghi non dialoghi, esasperati da pause. Cade nel vuoto la domanda, senzaun'eco. Avanzando nel silenzio restiamo smarriti, non passa il tempo eppure dimentichiamo; a nostra volta ci chiediamose mai veramente quelle parole furono pronunciate, vorremmo mai fossero state. Implacabile, il ripetersi delladomanda diventa insostenibile. E quando giunge la risposta, essa suona brusca, inaspettata; la gamma ansiosa diemozioni ha già corrugato le pieghe della nostra mente. A noi, allo spettatore sembra ora di cogliere intrecci fulmineidi sguardi, il rumore di un sopracciglio che si inarca, reciproco serrarsi degli occhi, sospendersi di labbra socchiuse.Una drammaturgia implicita alla musica. Più che rappresentata, spesso soltanto indotta nei silenzi d'attesa, tra unafrase e l'altra.
È singolare che un'identica definizione possa servire sia per gli elementi musicali come per i personaggi di teatro.
La voce che da giovane avevo immaginato per il mio universo sonoro era parente alle tecniche tradizionalmentediffuse in varie zone del mondo, in particolare India e Mongolia, come avrei scoperto in seguito.
I miei non erano pezzi orientalistici, bensì nascevano dalle possibilità della voce naturale.
Oscillazioni ampie a gola libera, suoni multifonici, colpi di glottide: esigevo dai nostri cantanti un salto impraticabile,un controllo dell'organo vocale fuori dalle consuetudini, troppo lontano dalle aule del conservatorio.
Anche per questo si fece sentire l'esigenza di mutare il trattamento della voce, restringendo la ricerca entro i limitidella tradizione europea, confrontandomi con potenzialità assai concrete. Quindi ho smesso di piegare a suoni inconsuetila voce; la prendo così com'è disponibile oggi, ma con altre articolazioni: la rendo inaudita per mezzo di unnuovo lessico.
Ecco gli elementi principali che vengono a ricostituire il mio universo vocale. Per il canto lirico:
- messa di voce, tensione verso un'acme da cui balena un vocalizzo o un movimento (articolazioni simili esistononel mondo degli uccelli)
- scivolamenti di suono, talvolta uniti in cantilene di portamenti (comuni nella musica etnica).
Per la recitazione:
- scivolamenti microtonali di parole assai rapide. Esclusivamente cantate, inducono l'impressione non temperatatipica del parlato.
Le strutture che oggi affido alla voce sono organiche, non minerali. Elementi di una monodia assoluta, senz'armonia,i cui intervalli vengono generati geometricamente e relazionati in base alla loro identità riconoscibile.
La ricercata mancanza di accordi (sono la colla che tiene insieme ogni genere di musica) è specifica conseguenza diuna mia rigorosa scelta di linguaggio: una musica nello spazio intorno a noi, come un sistema gravitazionale, tridimensionalee non piatto, a formare un ambiente vitale di cui registriamo la presenza.
12 Madrigali, remoti da qualsiasi operazione di recupero e tuttavia non estranei a una visione storica, costituisconoun ulteriore passo necessario; è progressivo il disvelamento di una nuova vocalità. A questo ciclo vorrei accostare unsecondo libro, dove testi più ampi vengano divisi fra diversi pezzi. La moltiplicazione delle voci, entro un ambitostrettamente monodico, lascia fiorire una sorta di cerchio sapienziale o responsoriale. Distribuzione e rimbalzo deltesto divengono significativi, quasi che il soggetto poetico si rifrangesse in un gruppo di esseri, ricettori e attori distupore dinanzi allo spettacolo della natura.
La folgorazione verbale degli haiku, immessa in brani musicali di meno esili proporzioni, lascia che i versi ruotino suse stessi e il senso si capovolga. Ogni parola entra infatti in contatto con l'altra, anche lontana, trovando nuoveimmagini, cortocircuiti.
SALVATORE SCIARRINO 12 MADRIGALI (2009) Neue Vocalsolisten Stuttgart col legno WWE 2009 CD 20287
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