4 Adagi per flauto dolce e orchestra |
Instruments: | flauto dolce solo / 3(=fl, fl.c, fl.b).3(=2+c.i).3(=2+cl.b).3(=2+cfg). / 4.3.3.-. / a, 2pf, perc / archi (min.10.8.6.4.4.) | |
Composition year: | 2007 | |
(c): | Rai Trade 2007 | |
Manuscripts and printed documents kept at the Paul Sacher Foundation in Basel> | ||
First performance: | 26.05.2008, Milano, Teatro alla Scala - Jeremias Schwarzer flauto, Orchestra filarmonica del Teatro alla Scala, Daniel Harding direttore | |
Duration: | 20' | |
Per qualche secolo l'espressione adagio ha goduto di una fortuna internazionale, mentre per noi italiani se ne andava oscurando l'etimologia.
Assai più frequente oggi incontrare l'espressione contraria, disagio: quello delle ferrovie italiane (di cui continuamente si scusano), quello della scuola, della società, del singolo. Chi rifiuta di annullarsi nella massa, vive scomodamente. E dunque, tornando al termine musicale, che altro significa adagio se non con comodo? C'era una sfumatura che denotava larghezza, ormai persa.
Qualcuno potrebbe chiedere (è già successo) perché 4 Adagi e non, per esempio, altrettanti Allegri. Una battuta calerebbe immediata: sono tempi difficili i nostri, specialmente per la cultura. Tuttavia vorrei rispondere in maniera più articolata.
Nella tradizione colta occidentale, adagio è il momento introduttivo e, più spesso, di stacco o di alternanza al momento energetico. Con l'ampliarsi delle proporzioni, a causa della lentezza che subentra, emerge e si configura nell'adagio il cosiddetto cantabile.
Tutti sappiamo che le composizioni classiche accorpano più movimenti, invece le composizioni moderne tendono di solito al campo unico.
Per quanto mi riguarda, ho spinto all'estremo la rarefazione, tanto da giungere a una vera sospensione temporale, a me particolarmente congeniale: uno spazio mentale aperto ad accogliere i suoni del mondo e i loro echi. Ivi la funzione propulsiva degli allegri viene recuperata come irruzione di musica altra, più densa e violenta, dentro il tempo sospeso.
Mettere insieme più Adagi non sarebbe consueto, è invenzione i cui presupposti toccano problemi formali non a tutti evidenti. Dire di questa scelta infatti equivale a considerare il conflitto tra contrasto e uniformità. Sono questi i principi organizzativi che stanno alla base dei linguaggi e che regolano ogni progetto con valenze estetiche.
Un parallelo sarebbe da istituire con l'arte figurativa, prendendo in considerazione quei quadri in serie che variavano nel carattere lo stesso genere di soggetto (è Bacon l'erede di questa pratica antica).
Ma un altro aspetto dovrei menzionare, più intrinseco alla musica.
Ho impiegato molti anni per costruire uno stile vocale mio proprio, che schivasse i luoghi comuni della tradizione antica e di quella attuale. Non ero spinto da un'esigenza di originalità, quanto da un bisogno di maggiore espressione, connesso anche all'urgenza di nuove opere teatrali.
Ora tale stile di canto gradatamente viene esteso a ogni sorta di strumenti, affinché possano rispondersi o unirsi nel canto. Si comprende meglio come il ruolo concertante possa prendere l'aspetto di una presenza lirica.
Il flauto dolce è stato fra i factotum della musica. Ho preferito accettarlo, immaginare di muovermi nella sua nuova funzione melodica, anziché disperdermi nelle minutissime sfaccettature timbriche che offrirebbe. Ho preferito personalizzarlo, per accentuare una inedita contrapposizione di piccolo e grande, tra un suono incisivo ma sottile come un filo d'erba e, dall'altra parte, il peso dei soli e dei gruppi orchestrali.
Un dialogo che sembra impossibile e tuttavia necessario alla struttura interna dell'opera, esattamente come nella società.