A un primo sguardo il titolo sembra offrire alla nostra disattenzione una incongruenza numerica, dato che siamo abituati a considerare l'eco come alternanza dall'essenza duale. Dietro questo c'è un insieme di motivi ramificati nell'ombra della nostra mente.
Anzitutto: solitudine e sdoppiamento. Il divino animarsi dell'inanimato è un evento eccezionale, e quando ne viene sorpreso l'uomo si trova solo con l'estraneo. Ecco il duale: un tremito nel silenzio, le aurore boreali, la potenza degli elementi, ma anche la fresca chiarità nel giardino di agrumi, il profumo delle acque, la reminescenza del calore estivo, o il semplice incontrarsi o ritrovarsi di esseri dispersi nell'infinità del mondo. Insomma: ciò che rende miracolosa la vita e permette l'allungarsi improvviso dell'inesistente nell'esistente.
Frammentazione e lontananza. Per molti l'eco è un passaggio diagonale dove le parole parzialmente deviano, si troncano e sono morte al senso, simili al corpo di Narciso sul fondo dello stagno. In contrasto con tale prospettiva si pone lo splendore di Ovidio struggente, per cui le parole mutile inducono altri significati, onde l'equivoco che la Ninfa veramente risponda con amore. Grande il rischio vitale: amare il nulla e illudersi di esserne riamati.
Delay e iridescenza. Anche se qualcosa sembra giungere a riva, ciò che viene a lambirci è una perdita progressiva. L'eco interiore e il fenomeno fisico moltiplicano figure all'infinito, creano un falso ritorno che, con lo stesso movimento di risacca, le sottrae del tutto al percepire perché mutate nel suono, ormai troppo distanti, una scia di ritardi. L'eco è di casa in questa musica, se non protagonista. Grande di nuovo il rischio: essere amati dallo spazio vuoto.
Ciascuno dei tre strumenti nasconde in sé soggetti virtuali, ovvero una costellazione di emissioni diverse tra loro. Più e più voci si rispondono entro una forma di intreccio largo, pluridimensionale com'è il tempo dopo Einstein. E lì sospesi, abbagliati da improvvisi treni in corsa, sentiamo al buio le montagne sgretolarsi, siamo ora in attesa che compaia la sfinge, col rischio affiora alla coscienza ansia d'ignoto.
Composto per Bruno Lorenzelli, in omaggio a suo padre Bruno.
(2006)