Celebrare vuol dire porgere un tributo d'onore.
Ma per l'artista c'è un solo modo di celebrare: il tributo dell'immaginazione all'immaginazione.
Chi si appassiona alle cose della cultura, sa che questo è lo strumento dell'artista, che rinnovarsi è il suo compito.
Dobbiamo far vivere gli antichi, coloro che celebriamo, recarne dentro di noi stessi il frutto.
Come omaggio a Montale, sarebbe stato per me scontato mettere semplicemente in musica una sua poesia.
Ho voluto azzardare di più, traducendo in suono le percezioni sonore implicite nei versi, drammatizzandole.
Nella tradizione dei madrigali e dei Lieder, la musica veniva piegata alla stilizzazione della realtà. Io pretendo un salto ulteriore: di costruire ambienti, spazi sonori con segnali di immediatezza inconfondibile, perché poi interagiscano le intermittenze dimensionali. Un'organizzazione del pensiero musicale dunque non estranea alla forma poetica di Montale.
Il ramarro, se scocca
sotto la grande fersa
dalle stoppie –
la vela, quando fiotta
e s'inabissa al salto
della rocca -
il cannone di mezzodì
più fioco del tuo cuore
e il cronometro se scatta senza rumore -
…
e poi? Luce di lampo
invano può mutarvi in alcunché
di ricco e strano. Altro era il tuo stampo.
Mi ha tratto a questa scelta anzitutto l'aprirsi irrelato di sensazioni; un ritmo neutro le accosta l'una all'altra, ed è l'esaltazione del flash.
Parliamo degli spazi.
Esterno, ravvicinato: il movimento istantaneo del ramarro, un fenomeno abnorme nel microcosmo di un campo. Quasi percepissimo con sensi impietosi di insetto.
Spazio esterno dilatato. Sul mare, in balìa del gigantesco elemento liquido, dove la solitudine confonde il vento e il proprio fiato.
Ecco giungono suoni: il cannone, il pulsare del cuore, il cronometro. Uno sparo in lontananza scandisce i giorni, vibrazione che attraversa e definisce gli spazi della città. Lo spazio da cui percepiamo il cannone è però interno. È la vicinanza intima che lascia ascoltare il cuore di un altro, inavvertibili ticchettii evocati dall'ironia.
Nella mia composizione l'evento del cannone relativizza spazio e tempo. Esso verrà udito dal mare aperto, dai campi arsi, nel vuoto totale.
Certo bisognerà sgombrare la mente, non aspettiamoci note e motivi. Bisognerà tendere bene l'orecchio per sentire l'eco del mezzodì, i battiti parenti del silenzio. Penso che proprio l'azzeramento al silenzio, che mi contraddistingue, lasci affiorare dal profondo dell'ascoltatore un'altra realtà.
V'è infine la presenza umana, il fruscio e l'abbaglio delle voci accolte in mezzo all'orchestra. Eppure l'immaginazione, rivolta a se stessa, potrebbe fare a meno delle parole. Essa è immagine mentale prima che suono o parola, o suono di parola.
(1996)