Lohengrin Azione invisibile per solista, strumenti e voci |
Dedication: | a Jokill | |
Wordbook: | Salvatore Sciarrino, da Jules Laforgue | |
Characters: | ELSA ed Elsa-Lohengrin (attrice) | |
Instruments: | coro maschile (TBtB - possono essere solisti) / 2.1.2.2. / 1.1.1.-. / perc / archi | |
Composition year: | 1982-84 | |
(c): | Ricordi 1984 | |
Catalogue number: | 133501 | |
Manuscripts and printed documents kept at the Paul Sacher Foundation in Basel> | ||
Manuscripts kept at the Archivio Storico Ricordi in Milan | ||
First performance: | 15.01.1983 [prima versione], Milano, Piccola Scala, Musica nel nostro tempo - Gabriella Bartolomei attrice, Bruno Lazzaretti tenore, Giancarlo Montanaro baritono, Francesco Ruta basso, Gruppo strumentale Musica d'Oggi, Salvatore Sciarrino direttore, Pier'Alli regia e costumi
15.09.1984 [versione rivista], Catanzaro, Spiazzo del Sole, Teatro musicale. Momenti della vocalità in Italia - Daisy Lumini attrice, Bruno Lazzaretti tenore, Giancarlo Montanaro baritono, Francesco Ruta basso, Gruppo strumentale Musica d'Oggi, Salvatore Sciarrino direttore, Pier'Alli regia e costumi |
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Duration: | 45' | |
Un fanciullo che rifiuta di crescere
Il volgere del secolo passato ci consegnò, per mano di Laforgue, una piccola costellazione di Allegorie leggendarie.
Erano parafrasi beffarde - originali, talvolta, di emblemi e figure della nostra cultura, scritte ai margini di una brevissima esistenza.
Paiono trasporre l'iconografia dei simbolisti, quasi attraverso un'allucinazione leggessimo pitture di Böcklin, Moreau, incisioni di Klinger.
Alcune lacerano non decisamente la non perfetta metafora, e il sogno sfiorisce nella quotidianità: con trepida intuizione messa in serbo per noi, la fantasmagoria wagneriana trascorre in signorili villeggiature Art Nouveau. Fra struggimento e ripulsa per la società, l'atteggiamento di Laforgue è affatto provocatorio, forse di un'età troppo acerba. Ma non ingenuo, e snuda un'introspezione vivida. E dove la stizza adolescente calca il rovesciamento dei miti, ivi si prefigurano itinerari cari alle avanguardie del Novecento, un disvelarsi al senso ulteriore.
Lohengrin fils de Parsifal : ovvero l'angoscia di un rapporto impossibile - di una inaccessibile purezza, vissuta attraverso i sensi della colpa. Un tema ricorrente, per Laforgue, tutto sommerso nell'ossessione del bianco e della luna.
.. .Effimero il candore del lenzuolo - sudato territorio dei sensi, della malattia che lo tinge, pianura dove cavalca la morte...
L'orrore di chi si sente specchio ed assenza, inchioda l'artista moderno alla sua sorte: Eco riflette e non trattiene, come l'occhio che non può vedersi.
Il racconto si articola in due metà. Eccone lo schema. Plenilunio sulla riva del mare. Un rito corale intensamente onirico accusa Elsa, vestale della luna, di essere impura. Ma giunge a salvarla il cavaliere sul cigno, prima veduto in sogno. Campane. La seconda parte lungo i giardini costieri, sotto la luna piena - quindi tra le vuote stanze della villa nuziale, che il Ministero dei Culti cedeva gratis agli sposi novelli. Non solo l'occasionalità, lo squallore dei luogo, bensì qualcosa di capriccioso e immaturo in entrambi, fa scivolare nel nulla, inesorabilmente, la notte d'amore. E quando Elsa avrà mostrato la femminilità del desiderio (e insieme le sue pretese di ragazza un po viziata e perbene) Lohengrin la disprezza, e regredisce nell'efebia. Stretto infine con moto di infantile disperazione, ecco il cuscino mutarsi in cigno. Sulla cui groppa, dalla finestra, Lohengrin vola verso la luna.
Perché un'azione invisibile?
Troppo spesso l'invenzione musicale ricerca sulla scena la propria ragion d'essere. Si dimentica che forza di un linguaggio è la sua stessa capacità di rappresentazione: suscitare pure illusioni.
Non è semplicemente unendo la musica al visibile che scocchi la magia del teatro. Anzi la loro mescolanza reale distrae (com'è quando un fatto della vita, il più minuscolo, attraversa la nostra attenzione).
Persino nel vecchio melodramma non si è trascinati tanto dalla comprensione di ciò che avviene sul palcoscenico. Emoziona e ci prende invece una drammaticità intrinseca alla musica, certo assai indeterminata razionalmente, ma quanto immediata!
"Evocare lo spazio interiore" vuol essere epigrafe al nuovo Lohengrin. Per ottenerlo, la vicenda musicale è tessuta dentro gli occhi folli di Elsa, fragile vittima che un tripudio di campane ha ormai assordato. La musica senza in nulla perdere le proprie dignità trova modo di trasformarsi nelle cose che Elsa vede, per renderci partecipi. Dall'interno mimerà il suo dramma il prolungarsi della memoria, la formazione degli echi mentali. Suo è il continuo ritorno della notte su se stessa, il cadere di una veglia sull'altra: la notte sarà per noi, per Elsa, infinita.
L'attesa di Elsa si nega a qualsiasi sbocco. Lievi oscillazioni fra immagi-nazione e realtà. Solo un progressivo scoprirsi ai nostri occhi del suo male. Che la tormenta? È malata di irrealtà. Elsa si identifica nelle cose, nella notte, nei suoni della notte, e non potremo più discernere se essi siano veri, o quale barlume sia rimasto nel fondo dei suoi occhi.
La successione logica degli eventi viene invertita: la notte di nozze (scena I e II) precede l'attesa di Lohengrin (scena III e IV). Questo salto scatena l'incertezza: o il cavaliere ha già abbandonato Elsa, o non l'ha ancora liberata (giungerà mai?).
L'altra delle due eventualità diviene automaticamente flashback, oppure suggestione (Schwärmerisch, ci sovviene, l'aveva definita Wagner).
La solista, attrice, assume qui su di sé tutte le funzioni centrali del rappresentare: dalla musica al testo - ingloba e personaggi e scena, in un unico ruolo. Presupposto di una composizione di tal genere è concepire "la voce, il corpo come universo". E il moto introspettivo che ne consegue riflette l'ambiente esterno quasi a costruire, illusionisticamente, un mostruoso paesaggio dell'anima, di per sé spettacolo autosufficiente. Questa indagine muove alla scoperta della realtà, o, meglio, di alcune connessioni essenziali tra realtà sonora e linguaggio musicale. Ma addentrarvisi vuol dire anche infrangere uno dei tabù più radicati nell'estetica dei nostri giorni.
Il concetto borghese di "descrittivismo" sfugge la realtà probabilmente nel timore che possa davvero essere imitata, e il falso esser simile al vero. E l'angelo contraffatto dal demonio.
Le incarnazioni del Duplice, le apparizioni nello specchio, la follia, Proteo, cifre della nostra paura.
Il realismo inquietante tuttavia non s'impara copiando la natura, come a scuola ci dicono. Il mondo non esiste. Esiste la coscienza di come lo vediamo: una lingua che s'apprende sotto l'albero micidiale dei sogni, e si affina con lo studio delle percezioni sottili che la nutrono.
Possedere un alto grado di illusionismo per un linguaggio equivale ad aver inventato un veicolo di comunicazione tanto lucido da mortificare il suo stesso fascino. E il transito obbligato nella riconoscibilità, nel luogo comune, è spunto estremo alla parodia di se stessi, poiché brucia in anticipo ogni possibile "maniera".
Lohengrin, dunque una cosmogonia sonora, tutta vocale. Elsa, la sua bocca, è il punto di irradiazione, ma al centro siamo noi. La struttura medesima dell'opera è scandita dalla parte di Elsa. Affinché leviti il dramma, l'altro linguaggio, quello delle parole dovrà mantenere la massima intellegibilità. Un declamato che regga le infinite sfumature attraverso cui Elsa visualizza le voci. Intorno, gli strumenti dell'orchestra echeggiano, amplificando nel vuoto quanto dalla solista enucleato.
L'atmosfera notturna delle prime scene proviene appunto dalle zone di silenzio, che esercitano una strana forza di attrazione sul suono lontano.
Tale articolazione trova il suo opposto nella scena III; l'orchestra si fa incolore ma persistente, con un'immediata sensazione di chiaro: la fissità è spazio preparato alla follia.
Nella musica d'oggi sono consueti i processi graduali di accumulazione e rarefazione. Essi però si distendono su un arco di prevedibilità. Formalmente Lohengrin li rifiuta, per simulare l'oggettività di un montaggio, come accostasse i pezzi di una totalità mai esistita. Si perpetua l'arcano di una musica che viene "da altrove" - le apparenze di un film di musica, rese possibili solo per la compiuta evidenza del linguaggio ottenuto. Non tutte le musiche hanno immagini proprie, la vita di un universo da capo, ogni volta, reinventato.
Le immagini dell' ascolto
Campane in un turbine di suono ("Prologo attraverso una finestra aperta"). E subito i grilli nella notte. Il latrare dei cani repentinamente si trasforma in respiro di donna, ansimante, come un risvegliarsi. Un suono animale interrompe i grilli.
Palpiti, voci di uccelli mostruosi, di insetti vengono a ricostellare un paesaggio notturno. Fluttuante. Si frammenta talvolta, come un montaggio: i sogni, dentro, non nascondono la loro finzione. Al verso crudele delle tortore si dipana il dialogo di due amanti - strani amanti: reticenza, malizia, venate di infantile dispetto, e insieme smania e terrore.
Il dubbio è che siano loro degli enormi uccelli, occhi e becco giganti.
Fruscii. In questa atmosfera e nell'evidente impenetrabilità di un rap-porto ogni tentativo apparirà esagerato, goffo a causa delle lunghe zampe.
Sussulti e risveglio di lei, ma apparente. Gli oscuri insetti si ritraggono ora, per farsi minacciosi - la loro unione lasciva è divoratrice. Dall'accelerare delle pulsazioni risulterebbe chiaro che il cavaliere del sogno non ha piacere ad essere toccato (o forse la fanciulla lo desidera troppo).
Risveglio in un interno, stillante, com'è dei luoghi della generazione (scena II). All'ombra di queste volte, un tempo affollate di coppie, lo svelarsi della femminilità di lei può sembrargli vorace e l'aria ne echeggia. Un piccolo suono attraversa la notte, ingrandisce il silenzio: un grattare sul lenzuolo quasi unghia di vampiro - a tratti uno sguazzare nel fango - che voci cupe si levano: spiriti in forma di rintocco.
La notte d'amore è sciupata. Sciupata è la paura. Ora la noia la consuma, lo sbadiglio di Lohengrin spalanca i punti morti della notte; e i suoni dell' interno - lo sgocciolare era forse un lavandino - e i grilli esterni, appassiscono elencati nell'imbarazzo, alternati come al batter di palpebre, una lama sospesa sul sonno. Perché? Singhiozza il tormento di Elsa. Arrossisce lui, si confonde, aggrappato al cuscino, a metà fra il bambino e l'animale. E improvvisamente il ricordo delle campane tintinna, proiettato nella fanciullezza - o dentro le orecchie di un pazzo. Ancora un risvegliarsi (scena III) ma in un sogno anteriore: una nebbia sonora, mosso il chiarore da un rantolo di vento che si frange sulle onde. Chiamano Elsa - le voci che poi la accusano sono voci arrochite dalla follia, e ripetono, quell'accusa di non essere pura - brusco risveglio: il ticchettio riempie la mente - l'orologio tossisce? Silenzio pesante. Mormorare di infermiere - dove siamo? E risorgono voci dal sonno e ancora la nebbia, vibrazioni che hanno velato come una scia di campane, e tutto dietro questo indizio il suono sospeso sembrerà germogliato nel ricordo dei rintocchi. S'ode un ministro di tenebra annunziare la pena: «I vostri occhi saranno...» annega in un richiamo echeggiante di cori Elsa chiede uno specchio. Improvvisa crisi animalesca di pianto - riso.
Scena IV. Dentro il respiro - ormai soffocato, non v'è posto per le parole. Possono essere solo vomitate come bolle nella solitudine. Così l'invocazione di Elsa perché sia liberata dall'affanno.
Lei vede giungere il suo cavaliere, e un flusso di musica non più trattenuto porta il canto e insieme parole disperate, quasi la richiesta di nozze si ergesse feroce su di lei. Dopo il frastuono appiattito lungo un ronzio delle orecchie, l'ebete cantilena delle campane ("Epilogo").
(1984)
SALVATORE SCIARRINO LOHENGRIN (2008) Marianne Pousseur soprano, Ensemble Risognanze, Tito Ceccherini direttore, Alfonso Alberti, pianoforte Col Legno 2008 WWE 1CD 20264
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SALVATORE SCIARRINO- LOHENGRIN (1986) Daisy Lumini voce solista, Complesso Strumentale Musica d'oggi, Salvatore Sciarrino direttore Ricordi 1986 LP CRM 1001 A e CRM 1001 B Ricordi 1986 CD CRMCD 1001 Agorà – BMG Ricordi 1999 CD CRMCD 1009 (ristampa del precedente) Stradivarius 2007 STR CD 57006 (ristampa del precedente)
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· Carlo CARRATELLI (2007), '“Evocare lo spazio interiore”: drammaturgia e simbolica del Lohengrin. da Jules Laforgue a Salvatore Sciarrino', in Drammaturgia musicale, Palermo, Mnemes Alfieri e Ranieri Publishing, n. 3, n. 3, pp.23-53.
· Carola GAY, Lo specchio dello specchio. Drammaturgia e vocalità in due opere di Salvatore Sciarrino: “Luci mie traditrici” e “Lohengrin”, tesi di laurea Università di Milano, 2005, supervisor Emilio Sala.
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· Fedele D'AMICO (1992), 'Lohengrin ha la tosse', in «L'Espresso», 6 febbraio 1983, riedito in Scritti teatrali 1932-1989, a cura di Renato Garavaglia e Alberto Sinigaglia, Milano, Rizzoli, pp. 328-331.
· Programma della prima rappresentazione, Lohengrin, Milano, Piccola Scala, 15 gennaio 1983.
· Franca MAZZOLA, 'Come è nato “Lohengrin”. Il patto con la musica di Salvatore Sciarrino', in «Sipario», XXXVIII, nn. 424-425 (agosto-settembre 1983), pp. 78-79.
Lohengrin - Lia Ferenese e Opera Nova Zurich [link] |