Una delle mie ultime opere teatrali, Luci mie traditrici, elabora un testo seicentesco poco conosciuto, Il tradimento per l'onore di Cicognini.
In questo dramma, oltre mezzo secolo dal fatto, echeggiava ancora il clamore della sanguinosa vicenda di Gesualdo da Venosa. Era inevitabile che, durante la lunga gestazione del lavoro, mi riaccostassi alla musica dell'antico compositore. Mi apprestavo anche a impiegarla nell'opera e, fra amici, il titolo che le davamo era ormai Gesualdo. Quando, venni a sapere di Schnittke, che stava componendo il suo Gesualdo. Decisi allora di eliminare ogni riferimento e di sostituire la sua musica con quella altrettanto allucinata di Claude Le Jeune. Ugualmente però la familiarità acquisita con Gesualdo ha portato frutti, e assai diversificati. Tra gli altri, una breve raccolta di elaborazioni, Le voci sottovetro (1998) e Terribile e spaventosa storia del Principe di Venosa e della bella Maria (1999), musica per l'opera dei pupi siciliani.
A cosa allude il titolo Le voci sottovetro? Chiudere in una bottiglia una voce, l'essenza vitale, può richiamare alla memoria i Geni imprigionati da Salomone, poi gettati in fondo al mare. Di queste leggende brulica la letteratura fantastica dei musulmani.
Viene poi in mente il gusto barocco della mostruosità e dello spettacolo, che come è noto si intreccia con la scienza e l'esigenza di esporre la vita fermata e anatomizzata.
E sorge una domanda sul madrigale: che rimane delle antiche voci? Le vedremo solo in trasparenza o riusciremo a percepirne un residuo, sia pure minimo, non ancora evaporato dal vaso?
Facciamo ora una considerazione generale. Vi sono artisti più grandi, che modificano il cammino della storia e rischiano di più (soprattutto il coraggio di essere se stessi) e dunque anticipano gli autori degli anni a venire. Dalla gran massa degli autori, il gruppo di questi più estrosi si distingue, costituendo una sorta di famiglia, con relazioni parentali e affinità strettissime a dispetto dei secoli che li separano.
Così avviene di un autore artificioso e raffinato come Gesualdo. All'ascoltatore colto offre una singolare attrattiva: quella di essere stordito da una ventata di associazioni con i compositori più moderni. Possiamo riconoscere in Gesualdo le stravaganze di Vivaldi e di Domenico Scarlatti, Schubert e l'ultimo Beethoven, il profumo tardo romantico o quello Art Nouveau, il clima espressionista.
Due parole sugli originali e gli adattamenti.
La Gagliarda del Principe di Venosa, si presume scritto per quattro viole. Del madrigale Tu m'uccidi, o crudele (libro V, n. 17) resta poco della presenza vocale, qualche frammento smozzicato di voce, qualche parola chiave. Canzon francese del Principe era destinato genericamente al liuto e alla tastiera ma proprio mutando respiro strumentale mi pare che acquisti altra luce la sua sostanza musicale, il periodare alterno di imitazione e fioriture, i trilli cromatici inauditi. Moro, lasso, al mio duolo (libro VI, n. 17) è stato trasformato in una lirica per voce e strumenti.
Queste licenziose elaborazioni, le loro prospettive illusorie possono sorprendere l'ascoltatore e tuttavia non sono fatte per sorprendere; piuttosto scaturiscono da una certezza, che la musica antica può trasfigurarsi e vivere una nuova stagione, a contatto con lo spirito moderno.
(1999)
· Marilena LATERZA, Gesualdo more or less. Sulla riscrittura nella musica contemporanea, Lucca, LIM, 2017, ISBN 9788870968958.
· Pietro MISURACA (2017), Metamorfosi gesualdiane nella musica di Salvatore Sciarrino, Napoli, Edizioni del Conservatorio di Musica San Pietro a Maiella , pp. 191-224.