I fuochi oltre la ragione per orchestra |
Dedication: | a Riccardo Chailly | |
Instruments: | 4(IV=fl.Sol).4.4(III=cl.La, IV=cl.b).4. / 4.3.3.-. / perc (xil 1° [=1 esec.], Gui. Pistola cmp.lst Lst.d'acciaio T-t. 2 G.C. [=2 esec.], 9 Mokusho xil 2° [=2 esec.] pf cel / archi (8/16.4/8.4/8.4/8.4/8[IV oppure VII e VIII a 5 corde]) | |
Composition year: | 1992-97 | |
(c): | Ricordi 1997 | |
Catalogue number: | 137909 | |
Manuscripts and printed documents kept at the Paul Sacher Foundation in Basel> | ||
Manuscripts kept at the Archivio Storico Ricordi in Milan | ||
First performance: | 16.10.1997, Utrecht, Muziekcentrum Vredenburg - Concertgeboworkest, Riccardo Chailly direttore | |
Duration: | 16' | |
"La velocità del proiettile a basse temperature
dipende largamente dalla qualità del bersaglio,
dal desiderio di riscaldarsi dentro la muscolatura di un torso,
o dentro i viluppi di un collo."
(Brodskij, Versi sulla campagna d'inverno del 1980, parte I)
Gran parte delle azioni umane sfugge alla ragione, devia verso zone che questa non riesce nemmeno a sondare.
È la ragione stessa, secondo Serres, a produrre un cono d'ombra.
La storia dell'umanità può essere considerata, sotto certi aspetti, un cumulo oscuro di crudeltà. C'è chi vorrebbe chiudere gli occhi. Noi però non dobbiamo ignorare il richiamo dell'irrazionale, anzi esso paradossalmente ci illumina sulla natura contraddittoria e complessa dell'uomo.
Nel nostro secolo, fuochi al di là d'ogni ragione hanno prodotto combustioni atroci. L'arte, spesso suo malgrado, ne è testimone silenziosa e urlante. Prendiamo a esempio i quadri di Burri, in particolare le sue plastiche bruciate: come non sentirli propri alla carne umana, come non pensare ai forni crematori, al napalm, alle radiazioni?
Rispetto alle altre, la musica che io scrivo suona iper-reale in quanto particolarmente vicina al rumore; e perciò le tecniche di emissione necessarie per eseguirla, inutile nasconderlo, risultano eversive.
Dunque la bella orchestrazione tradizionale si sarebbe persa? No, contrariamente alle apparenze, per ciò che io immagino occorre una immensa perizia strumentale (e non tanto rumoristica). Ma occorre anche una sensibilità aperta ad accogliere i rumori del mondo. L'era moderna coincide con l'affermazione di un naturalismo più o meno evidente, senza il quale ben poco sarebbe giustificabile nell'arte di mezzo millennio.
Orecchio e adesione alla realtà, suono e coscienza vanno strettamente legati, affinché la musica superi l'attuale immobilismo dell'accademia e ponga in discussione sé stessa, si metta in viaggio ed esca in una sfera maggiormente creativa.
Non ci deve sorprendere se solo una vera orchestra sinfonica, diversamente trattata, diviene in grado di evocare i nuovi ambienti sonori e di conferire loro significato. E dovremmo aggiungere: in grado di assumere la gamma variegata di potenzialità prodotte da una cultura che si altera e fermenta.
I modelli del comportamento trasgressivo, anche se molti fingono di non vederli, stanno davanti a tutti e non son da poco, basti citare il più sconvolgente: Beethoven, un nostro contemporaneo, dalla sorte esiliato misteriosamente nel passato.
Questa composizione unisce due differenti concezioni del tempo. Partiamo da un tempo aperto, continuo, periodico con accenni di discontinuità: crescite irregolarmente regolari, fenomeni-apparizioni che mutano secondo dimensioni e distanze controllate. In partitura è assai rilevante la variazione dinamica. Essa serve soprattutto per definire psico-acusticamente i tre momenti caratterizzanti di ogni fenomeno: inizio, culmine e fine.
Si susseguono generazioni di fenomeni. Sembrano passarci innanzi, entrare e svanire nel nostro campo percettivo. Ecco qualcosa d'imprevisto: il colpo di pistola giunge nell'aria solcata come da lamenti, non sappiamo esattamente, o da proiettili. Si tratta di un evento di violenza abnorme, che funge da taglio formale e pure da collegamento; ciò che segue è una diretta conseguenza: echi dello sparo rifratti e ricomposti all'infinito imprigionano ora le immagini sonore. Attraverso questi colpi ci pare di risentire spezzettata la prima parte dell'opera. Un residuo irriconoscibile di ripresa classica? Dentro l'intermittenza si duplicano i paesaggi sonori, riusciamo talvolta a seguirli simultaneamente, poi disorientati da un montaggio fuori d'ogni logica.
Tramite la violenza fonica di un'arma siamo passati dall'altra parte, in un tempo discontinuo, tecnologico. Infine, cosa colpisce di tale linguaggio musicale così simile agli ambienti estremi, quelli ai limiti della sopravvivenza? Le stasi rarefatte i respiri le pulsazioni il campo vuoto in ripresa soggettiva moltiplicata. Come se il racconto musicale fosse vissuto o inquadrato dalla parte dell'ascoltatore. Egli diventa protagonista, avrà talvolta l'impressione di ascoltarsi.
Stiamo parlando di una musica rigorosamente dedita alla celebrazione dell'essenziale: dove poco risuona il plettro e la canzone; la memoria se ne è persa o mai è stata. Quale essenziale? Quello della vita in sé, il respiro della nascita o il rantolo di morte, il fiato appena percettibile di chi si accosta, o a lungo ti è stato accanto. Negli ultimi anni, tale attitudine a dare, per così dire, risonanza al mondo, si accentua, fatta per me argomento quasi esclusivo e pervadente.
A Riccardo Chailly da Salvatore Sciarrino.
(1997)
SALVATORE SCIARRINO ORCHESTRAL WORKS (2008) Orchestra sinfonica Nazionale della RAI, Tito Ceccherini direttore, Francesco Dillon violoncello, Marco Rogliano violino, Mario Caroli flauto, Moni Ovadia voce, Daniele Pollini pianoforte Kairos 2008 3 CD 0012802KAI
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