Musiche per "La Divina Commedia" di Dante Alighieri musiche di scena, missaggio su nastro magnetico per le 100 puntate televisive da Sui poemi concentrici I, II e III |
Instruments: | nastro magnetico | |
Composition year: | 1988 | |
(c): | Ricordi 1988 | |
Catalogue number: | 134681 | |
Manuscripts and printed documents kept at the Paul Sacher Foundation in Basel> | ||
First performance: | 11.04.1988 [trasmissione della I puntata], Roma, RAI Raitre - Giorgio Albertazzi (Inferno), Enrico Maria Salerno (Purgatorio) e Giancarlo Sbragia (Paradiso) lettori | |
Duration: | 100x10' circa | |
Notes: | vedi anche: Sui poemi concentrici I, II, III | |
Concepire una musica per l'intera Commedia di Dante.
Ho accettato la proposta per l'edizione televisiva non senza timore.
Accompagnare la lettura, anzitutto: vuoi dire seguire passo passo. Ma anche sostenere con una solida architettura. Il contrario di un sottofondo, che nasce frammentario con le situazioni a cui si sovrappone.
Una struttura complessa che si articolasse intorno ai poemi, un progetto unitario. Pensavo a una sola campata di musica, di proporzioni gigantesche eppure perfetta.
E proprio l'unità dell'incommensurabile viaggio a vietare d'avvicinarsi ai grandi momenti dello spirito. Infatti, musicare parola per parola tutta la Divina Commedia, quasi come un'opera, accumulare una montagna di musica sarebbe privo di senso, da dilettanti maniaci. Questo genere di imprese può esser degno di ammirazione solo per la quantità (forse per la devozione), poi si rivela fragile e di poco momento.
Dilatare dunque le proporzioni. Di più: riuscire a trarre un'opera di un solo grande respiro. Dunque materiali, figure sonore appositamente forgiati. Dunque variazioni notevoli lungo il percorso, e insieme impercettibili, quasi secondo un'immagine di quanto supera la nostra stessa immaginazione.
Se tale musica si dilatasse come il respiro delle ere, certo sarebbe richiesto un altro metro, fuori dall'appagamento dell'ascolto normale. Un respiro non umano, che l'umano potesse accogliere come in un paesaggio.
Evitare le inutili descrizioni: la tempesta delle parole non può raddoppiarsi con una tempesta di suoni. Le scorciatoie sono funzionali e soltanto i sentieri tortuosi suscitano l'interesse estetico.
Una sorta di musica-ambiente, stilizzata a porgere gli spunti che il verso tace e richiama.
Tutta la composizione è pensata a strati leggibili separatamente e simultaneamente. Dalle varie possibilità di lettura si forma lo straordinario repertorio di situazioni occorrente per compiere tutto il viaggio dantesco.
Ho prima realizzato una struttura della durata di circa 35 minuti. Essa è ciclica, cioè può ricominciare senza salti o interruzione.
La lettura integrale del poema si aggira sulle 15 ore. Calcolando sempre con una doverosa approssimazione di 5 minuti, la struttura generatrice è contenuta meno di dieci volte nella durata generale di ogni cantica, e perciò può ruotare su se stessa in tutto meno di trenta volte.
Questa struttura presenta configurazione geometrica non rigida, e si percepisce come una sorta di iridescenza periodica, articolata con silenzi. Lamentosamente essa scorre tra Inferno e Purgatorio, per divenire trasparente vapore e luccichio.
Una certa polivalenza delle figure e dei suoni si fa essenziale. La coscienza cioè che gli stessi elementi possano apparire diversi a seconda del contesto, e ne nasce una superiore coesione nella vastità del lavoro. La struttura comune è rivestita di suoni vari nelle tre cantiche. Un suono di fondo obbligato distingue psicologicamente i tre luoghi. Una caduta infinita, un rombo infernale preme sull'ascoltatore. Usciti dalle viscere della terra ecco un frinire per il Purgatorio, dove il giorno s'alterna alla notte e i grilli alle cicale. Nel Paradiso il suono di fondo è simile a un silenzio, o a un alito possente, la cavità di un'immensa con-chiglia cui osassimo accostare l'orecchio: il suono del mare, e come il suono del mare ricettacolo brulicante d'infinite voci, e cori.
All'iridescenza che fa da struttura comune, su un altro strato s'alternano grandi onde di suono. Le tre onde della respirazione cosmica sono aspri suoni delle ance, e soffi, e pioggia di fuoco celeste (archi) nellInferno. Un velo di nebbia del clarinetto, in Purgatorio, per nascondere le voci, i lamenti quasi umani, brezze, paurosi colpi metallici ma resi come lucenti dall'eco. Triplici accordi che si scompongono come per un'oscillazione di spettro, per il Paradiso. Qui la dimensione spaziale viene accentuata dalla scia luminosa dei suoni o risonante.
Ancora si precisa il paesaggio con le articolazioni più corte.
Boati e sferze e scintille cedono alla natura esuberante e pacificata del Purgatorio, dove l'aria è torbida di pollini e le voci degli animali, mai senza risposta, sempre echeggiano a coppie. A questo punto s'inserisce lo strato umano dei canti gregoriani citati dal Poeta.
Nel Paradiso penetra la melodia altissima del violino solista. Attorno buca le profondità l'accendersi delle meteore. Due le presenze corali: l'Osanna (canto VIII) e l'esplosione del Gloria (canto XXVII).
(1987)
Paradiso di Dante
A me pare che, quando si affronta la globalità della Commedia, un vincolo progettuale s'imponga al compositore.
Una musica che seguisse questi poemi parola per parola, non avrebbe senso estetico: essi non si lasciano trattare come un qualsiasi testo. Bisogna semmai creare con la musica "uno spazio per la parola di Dante".
Da questa esigenza, raffigurata dalla destinazione teatrale, sono nati i momenti del nostro itinerario musicale. Si vengono così a diversificare tre nuclei drammaturgici:
a. studiolo di Dante giunto al compimento dell'opera;
b. ascesa nel Paradiso, iniziazione e superamento delle prove;
c. ultime visioni.
a. Alfabeto oscuro
L'orchestra sembra voler parlare. La natura degli strumenti non lo consentirebbe, eppure recitano ossessivi, e noi sentiamo quasi senza comprendere. Quasi.
Nella loro mancanza di umanità, le macchine, gli strumenti, gli animali parlanti talvolta diventano tremendamente espressivi.
Si può parlare con la musica? Anche consonanti faticosamente emergono; qualcosa forse riconosciamo. «Nel mezzo del cammin di nostra vita...».
La fine di ogni viaggio presuppone e richiama il suo inizio.
Tutto il Paradiso, per esprimersi, dichiara l'incapacità di esprimere.
b. Linvenzione della trasparenza
È stato detto che il Paradiso di Dante è il mondo della visione assoluta.
Ma cosa è lo sguardo?
Cosa rende possibile il vedere luci, se non l'attraversamento dello spazio, il viaggio nella trasparenza?
Individuando in questo concetto l'artificio su cui regge l'intera cantica, possiamo affermare essere il Paradiso sopratutto metafora della mente.
Una musica di strati sovrapposti, uno dopo l'altro, uno per ogni cielo.
L'insieme degli strati ruota su se stesso in ragione di un periodo temporalmente smisurato: dunque tutto ruota, sebbene in maniera non esattamente valutabile da parte dell'ascoltatore.
Ogni strato è caratterizzato diversamente da eventi sonori molteplici, singoli o complessi, che pulsano nel vuoto.
Assai gioco ha la direzionalità degli eventi: la geometria, al contrario di quanto si pensi, può dare in musica la precisa sensazione di fluttuare nello spazio.
Il passaggio da un cielo a quello successivo è contrassegnato dall'accendersi di nuovi suoni.
Per ottenere l'associazione immediata suono-luce, partiremo da un fondo scuro (percussioni) su cui i primi suoni si stagliano.
Concludendo, la trasparenza della partitura è ottenuta sia dalla materia sonora adoprata, sia dall'articolazione in cui la materia è plasmata. E specialmente dal tipo di contrappunto a maglie larghe, un contrappunto non di melodie ma di insiemi, di strati con strati.
Tale gravitazione fa sì che ognuno di essi risulti distinguibile a qualsiasi sovrapposizione.
c. Postille
Usciamo in una costellazione più intima e vuota, una riflessione estrema sul rapporto suono-luce.
In assenza di fondi scuri, ogni suono si duplica, racchiude in sé la sua ombra: questa lo fa luminoso.
Sembra una contraddizione. Invece stiamo proprio seguendo gli antichi mistici, indagatori della percezione.
La luce splende nelle tenebre.
(1993)