Efebo con radio per voce e orchestra |
Instruments: | S / 2.2.2.2. / 2.2.1.-. / timp perc (trg C.ch P.Charleston lst.inox G.C) cel a / archi | |
Composition year: | 1981 | |
(c): | Ricordi 1988 | |
Catalogue number: | 133243 | |
Manuscripts and printed documents kept at the Paul Sacher Foundation in Basel> | ||
Manuscripts kept at the Archivio Storico Ricordi in Milan | ||
First performance: | 28.05.1981, Firenze, 44° Maggio Musicale Fiorentino - Daisy Lumini soprano, Orchestra Regionale Toscana, Massimo De Bernart direttore | |
Duration: | 15' | |
1.
Mentre la scultura assume in pieno la tridimensionalità del mondo visivo, la pittura, pur negli esempi definiti più realistici, riduce su due dimensioni ciò che su due riproducibile non è; ciò nonostante si ritiene la pittura più immediata della scultura; eppure in entrambe il movimento è assente, che nella realtà sensibile si esplica comunque se non altro da parte di un soggetto per sua natura mobile. Forse la scultura ci appare meno "viva" della pittura anche per la temperatura delle materie impiegate: esse, per così dire, ne congelano la percezione. Invece la musica può maggiormente avvicinarsi ai fenomeni della vita sonora circostante, e in più con suoni vivi a loro volta, cioè non con materia diversa; non c'è differenza organica fra suoni naturali e suoni prodotti dall'uomo, e ad uno stadio primario entrambi si pongono su un unico piano di percezione. Così si può non a torto affermare esser la musica non tanto in grado di imitare quanto anche di riprodurre; e chissà se anche a ciò risalga la sua caratteristica immediatezza espressiva, l'evidenza emotiva. In quanto linguaggio la musica tende naturalmente a stilizzare i suoi elementi, che altrimenti negherebbe ogni comunicazione. Ma se su questi piani di analisi si ricercassero i vari stilemi adoprati nei diversi periodi, se si tentasse un dizionario e un lessico delle cosiddette "descrizioni", allora ci apparirebbe chiaro che della propria capacità di riprodurre la realtà sonora, la musica non ha quasi mai tenuto conto, almeno esplicitamente, preferendo appunto delle "convenzioni imitative", a vari stadi sofisticate.
La mia produzione più recente si muove spesso nell'ambito di tali ricerche, che spaziano dall'imitazione alla riproduzione iperrealista; ovviamente con la coscienza che nella sfera estetica questi aspetti si vengono a costituire come forme di allusionismo o illusionismo, a seconda del grado di realismo, e che i problemi connessi non sono mai considerabili quantitativamente né meccanicisticamente, ma sono d'ordine psicologico. Non è possibile oltretutto scinderli - quei problemi - dall'esame delle associazioni, essenzialmente di natura visiva, quelle immagini che l'ascolto della musica provoca in ciascuno di noi; esse si formano anche in chi le rimuova per il bisogno di evadere nella pura fantasticheria o nell'astrazione, secondo quanto potremmo definire "deformazione professionale" in una più ampia accezione del termine, d'ascoltatore o di musicista.
Realismo e illusionismo sono concetti fondamentali per comprendere quel caratteristico straniamento della mia musica. Bisogna rendersi conto che, senza una forte possibilità di imitazione della realtà, questa non si può né trasformare né tanto meno superare. L'altra dimensione, quella fantastica, scaturisce da una base fortemente realistica, come del resto è storicamente sempre avvenuto. Tutto ciò è da intendersi riferito, oltreché alla riproduzione di singoli eventi sonori, alla loro collocazione psicologica spaziale in senso più complesso, perché tendo a determinare delle vere associazioni d'ambiente, più forti di quelle semplicemente visive. Così è possibile, attraverso i vari stati emotivi di associazione, percorrere tutto l'arco di analogia e interferenze, sino a sconfinare nel disturbo reciproco tra stimolo e associazione convenuta, alle dissociabilità dai contesti - secondo una tecnica surrealista.
Efebo con radio si inserisce in questo filone della mia poetica, ascendente alle prospettive temporali, le età; e a incubi, illusioni; al riflettersi di una cosa nell'altra. L'idea di sdoppiamento (moltiplicarsi nell'identico) e quella di conciliazione degli opposti sono complementari, anzi nelle prassi artistiche, sono facce diverse di uno stesso problema: non posso, infatti, imitare una radio (duplicarla) senza sdoppiarmi (fingermi altro da me). Ciò è chiaro solo a chi ha coscienza dei linguaggi, in cui sempre si trasforma qualcosa di preesistente. Da qualche tempo a questa parte, ascoltando le mie composizioni, ogni volta mi pare che prendano corpo degli aspetti fondamentali e caratteristici della mia infanzia. È singolare che, ancora fanciullo, cominciando a comporre, sentissi costantemente l'esigenza di attingere alle impressioni della prima infanzia già perduta, e che questo si accompagnasse al tormento della mia totale incapacità di riviverle musicalmente. Più adulto, un linguaggio formato, è stata la musica a ricondurmi a quel mondo; è l'ascolto delle mie stesse opere a far riaffiorare quelle immagini, le sensazioni più acute e più obliate, ora finalmente sottratte alla soggettività pura.
In rapporto all'idea - diaristica in origine - di Efebo con radio, l'ultima scena di Cailles en sarcophage è stata determinante: sono riemersi il ricordo di lunghi pomeriggi solitari passati davanti alla radio, giocando a cambiar programma, ascoltando, e insieme le canzoni, gli annunci, tutto quanto insomma colpisse la mia immaginazione malinconica, mentre faceva buio. Ma la composizione, lentamente si trasforma in un incubo; le trasmissioni sono eccessivamente disturbate e infine tutte le stazioni emettono la stessa sigla insensata.
Anche una vecchia radio a valvole può essere assunta a metafora esistenziale del linguaggio.
Efebo con radio è stato commissionato dall'Orchestra Regionale Toscana.
(1981)
2. Cambiar programma su una radio a valvole
Nel titolo chi gioca viene detto efebo, e il termine arcaico ci ricorda dbe da tempo le radio hanno perso le valvole.
Mal tolleriamo chi continuamente cambia canale al televisore. E ci costa uno sforzo immaginare un bambino precoce che prendesse piacere proprio nel produrre suoni elettronici - bastava girare la manopola della lunghezza d'onda.
A distanza di tempo ci appare opera assai più complessa oltre il suo incedere accattivante. Non sarò certo io a negare la genuina vena di humor che la pervade, né il profumo di un'epoca, del ricordo di un'epoca, così intenso, così preciso. Ma, librato fra gli anni Ottanta in cui vide la luce e gli anni Cinquanta ai quali sogna, è pur vero che l'Efebo si distacca problematicamente da quanto allora si faceva e per inquietudine.
Fu preceduto da uno studio abbastanza sistematico sulle canzoni del Novecento, non solo formale e musicale; sopratutto storico. Sono un musicista non barbaro: così mi attraggono i riferimenti, i parallelismi, le ascendenze colte della musica leggera, non la musica leggera in sé, che di consumatori ne ha già tanti. Mi resi anche conto che, non essendo intenditore, pure avevo assorbito una dose tale da padroneggiarne una insospettata quantità. Quand'ero io fanciullo, mi pareva che la radio trasmettesse quasi soltanto canzoni.
Il dopoguerra portò un'onda di ballabili americani a lungo trattenuta al di là dell'oceano. Erano insuperabili modelli, gli stessi che avevano agitato le notti agli epigoni europei, ed entro il ritardo di un decennio. Adesso facevano il loro ingresso, ormai dileguate le pallide imitazioni.
Una ricognizione negli anni Cinquanta dunque, come scherzosa antropologia, fatta a memoria sui programmi che la Radio allora ha realmente trasmesso. Filtra, quella lente straordinaria che è il ricordo dell'infanzia, una patina uniforme, forse ciò ha trasformato un progetto inconsueto e intrigante in una composizione musicale riuscita.
Le trasmissioni sono oggi d'incomparabile qualità. Abbiamo dimenticato le vecchie onde medie, così facili al disturbo.
Tuttavia seguitemi. Ogni stazione è caratterizzata da un suono di fondo più o meno vistoso, che la fa riconoscibile in mezzo alle altre quando che viene in sintonia, anche se non trasmette nulla. Io che compongo attraverso diagrammi, stavolta non avevo serializzato alcuna tabella, sebbene all'ascolto può sembrare incredibile. Si possono distinguere circa tre livelli riguardo l'intelligibilità delle trasmissioni: quelle senza disturbo, le emittenti vicine e più abituali. Poi quelle a cui si sovrappone un disturbo, ma la ricezione è distinta, anche se debole. Infine, quelle la cui deformazione è già dentro il segnale, indipendentemente dal disturbo di fondo che loro si sovrappone.
Naturalmente questi tre livelli di intelligibilità corrispondono a tre tipi di tecnica compositiva e di strumentazione. Del terzo tipo, felicissimo segnalo il suono-marmellata alle battute 79-83.
Interessante un capovolgimento: ciò che in tutte le altre composizioni sono i miei suoni, la materia preziosa di cui plasmo il mio universo qui è umilmente ridotta a disturbo delle trasmissioni o, più spesso, allo sfrigolante passaggio da una all'altra, che è come il connettivo sonoro di tutta la composizione.
Varie lingue. Parole banali.
Il gioco, per nulla infantile, era anche di spezzare la coerenza del linguaggio già noto per trovare una nuova coerenza di frammenti. E questi, come la testa recisa d'Orfeo ancora cantava, rimandassero debolmente ciascuno alla sua rispettiva globalità. Il discorso è dato dal vano movimento della manopola immaginaria.
L'associazione fra diverse intermittenze una rappresentazione del caso. Associazioni provocate e inconsce al gocciolare del testo. Pensate che esso non fu predisposto, come usa presso noi musicisti, bensì improvvisato insieme con la musica man mano che veniva stesa.
Dopo la cautela delle prime pagine l'opera fu completata in meno di quindici giorni direttamente in bella copia e senza stanchezze.
Cos'altro resta da dire?
Dell'irrealtà dell'articolazione. Sfugge sempre a tutti che alcune sequenze di frammenti ritornano, e sfugge la grande ripresa finale quasi annebbiata dalla lastra. È una stilizzazione, vuol prendere distanza da un illusionismo altrimenti invece assai efficace, e lo rende a una forma tecnologicamente più consona, quella del montaggio sonoro.
(1988)
SALVATORE SCIARRINO, ORCHESTRA SINFONICA SICILIANA (2019) Orchestra Sinfonica Siciliana, Salvatore Sciarrino, conductor, Livia Rado, voce EMA VINCI CONTEMPORANEA 40095 CD 2019
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SALVATORE SCIARRINO ALTRI VOLTI E NUOVI 1 (2017) Decca CD DEC 481 6560, 2017
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SCIARRINO STORIE DI ALTRE STORIE (2008) Sonia Turchetta voce, Teodoro Anzellotti fisarmonica, WDR Sinfonieorchester Köln Kazushi Ono direttore, Lucas Vis direttore (per Il giornale della necropoli) Winter and winter 2008 CD 910 144-2
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SALVATORE SCIARRINO LE FIGURE DELLA MUSICA (1998) Massimiliano Damerini pianoforte, ORT Orchestra Regionale Toscana, Donato Renzetti direttore, Roberto Fabbriciani flauto, Sonia Turchetta voce Ricordi 1998 2 CD Allegati al libro
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