All'aure in una lontananza per flauto in Sol (o in Do, o flauto basso) |
Dedication: | a Roberto Fabbriciani | |
Instruments: | flauto in Sol (o in Do, o flauto basso) | |
Composition year: | 1977 | |
(c): | Ricordi 1978 | |
Catalogue number: | 132175
Anche in: L’opera per flauto (Ricordi, 1990, cat. 135175) |
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Manuscripts and printed documents kept at the Paul Sacher Foundation in Basel> | ||
Manuscripts kept at the Archivio Storico Ricordi in Milan | ||
First performance: | 19.06.1977, Napoli, Auditorium RAI - Mario Ancillotti (flauto) | |
Duration: | 10' | |
L'opera per flauto
Molte cose avrei ancora da dire sulla tecnica flautistica e molto su quella compositiva e le amplificazioni teoriche. Perfino sui titoli. Ma non di questo intendo scrivere: ciò che non sboccerà al tempo è bene che si perda o assuma i tratti di un'insondabile rigidezza.
Vorrei riflettere invece su ciò che significhi aver composto, nell'arco di pochi anni, qualcosa che non è più un semplice seguito di opere più o meno riuscite. Si tratta di un vero e proprio corpus, e questo vuol dire innanzitutto che da adesso il flauto non è più lo stesso. E non tanto pretendo di averlo messo a soqquadro, bensì attirato in un angolo sconosciuto del mondo.
La maggior parte sono suoni di mia invenzione di oltre vent'anni; alcuni, recenti, forniti da Fabbriciani; uno, assai ricorrente dal 1971, di Giancarlo Graverini. Ma gli stessi suoni che appartenevano al patrimonio comune dei compositori, pure giustamente oggi mi vengono attribuiti perché sembrano finalmente conquistati alla musica.
Già di per sé ogni mia composizione è anche una legittimazione di tali suoni.
Su una struttura vecchia, i suoni nuovi equivarrebbero a un ricercato vestirsi. Una volta si parlava di "effetti".
Qui struttura ed evento sonoro sorgono dalle medesime esigenze e crescono o tendono a una prospettiva comune, a una nuova immagine. Non si tratta di scegliere suoni più o meno appropriati, di abbellirsi la casa, quanto "coi suoni nuovi costruire nuovi universi". Questa dovrebbe essere mira dei compositori non indegni di tal nome.
Devo parlare senza reticenze e certo sembrerò immodesto.
Ostinatamente ho cercato di confrontarmi con i grandi del passato. Ma è una sfida di natura etica, non estetica. Non confondete: mentre io ho dimestichezza con loro, nei risultati la mia musica ne è lontanissima. La sfida lanciata a noi dai classici, che si può vincere, è nel superare i propri limiti. Anzi: nel superarli con larghezza, proprio dove abbiamo dato il meglio, lì dobbiamo ancora impietosamente superarci. Ma questo bisogno di approfondire una cifra, di allargare un orizzonte fantastico che nasce già così personale? Avrebbe permesso a chiunque di trascorrervi tutta la vita.
Già nel 1984 All'aure era uno dei pezzi più imitati della storia recente, persino sui numi d'Olimpo ha lasciato non silenziose tracce. Nulla, se non un'irrefrenabile inquietudine della fantasia avrebbe richiesto altri cinque pezzi. Tuttavia, se questi non fossero stati, saremmo privi del meglio. Ne delineo solo il profilo tecnico, dato che ognuno è anche assai caratterizzato (sebbene non come degli studi, che hanno ben più minute ambizioni).
Hermes trae armonici di un solo suono, a ventaglio o ad accordi, ripercorre una sorta di conquista degli armonici più abbaglianti.
Venere, gli Incantesimi e le Nubi fanno miscela dei suoni più eterogenei. Ma Incantesimi e Canzona accomunano le emissioni e le trasformazioni meccaniche del suono: sì, il vecchio flauto, proprio così com'era, non era stato esplorato del tutto.
«Secondo il proprio respiro» con questa frase irrompeva il tempo di All'aure in una lontananza. Dalla scoperta provocatoria della fisiologia (e della psiche), all'identificazione di alcune articolazioni formate dentro la stessa fisiologia muove Aton.
Dunque l'emersione alla coscienza del tempo lega due lavori estremi. Uno con la fuoriuscita nebulosa di immagini intorno a una linea d'orizzonte pulsante, l'altro che tende a non essere più neanche composizione. Un tralcio di esistenza, che può variare da momento a momento, assumendo in sé ogni tuo stato o mutare psicologico: poiché non più implicitamente, né a parole, il suono nasce e ritorna nel respiro.
All'aure in una lontananza
Il tìtolo, All'aure in una lontananza, è apposto a un sonetto del cavalier Marino; più precisamente esso risale alla sua partenza da Napoli. Composta nell'aprile del 1977, questa musica rappresenta un più esplicito affiorare del lirismo malinconico, dell'elegia, e insieme di un'arcaica ansietà quasi fiera, di ambigua origine mitica; inoltre esprime in piena coscienza la caratteristica prospettiva del mio pensiero musicale, in senso stretto e traslatamente. Le dinamiche estremamente ridotte, i pianissimi, nascono anzitutto dalla necessità d'un preciso tipo di suono, e dalla spinta irrefrenabile a trasformarlo - il suono. Nelle trasmutazioni alchemiche, metafora del cammino verso l'umana saggezza, la temperatura deve mantenersi bassa, ma costante e a lungo prolungarsi, affinché s'ottenga la pietra dei filosofi; parimenti il suono può mutarsi, e a questo patto divenir vivente, come un organismo o una vera presenza: solo a intensità minime; per potere poi, espunte le passioni, purificati gli strati più bassi e appariscenti dell'individualità, congiungersi con altri suoni in unità d'ordine superiore.
Nel linguaggio musicale l'intensità, di origine spaziale, determina e differenzia i diversi piani sonori, costituisce il rilievo della musica. Qui però le esigenze di riduzione al pianissimo sono anche artificio retorico, nel senso di un espediente che, allontanando il soggetto, eleva lo stile; e porta con sé la dimensione psicologica dei grandi spazi, vuoti o risonanti, ove emerge la percezione ancestrale della distanza infinita, l'espressione della "lontananza".
All'aure ritrova il respiro abolito e poi dimenticato dalle avanguardie, per recuperare alla musica e fisiologia e periodo, quell'arco vitale senza il quale ogni frase è muta, ogni espressione impossibile.
All'aure, forse per caso, ma significativamente, fu iniziato durante la mia prima visita a Capri dove accompagnavo Marilisa Pollini e Lina Marzotto, ed era una visita fuori stagione, e quest'ultima un po' in ritardo, ed erano i giorni malinconici d'una primavera leggermente piovosa.
SALVATORE SCIARRINO Works for Flute (2021) Matteo Cesari Flute Kairos 3CD 0015074KAI
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SALVATORE SCIARRINO L'OPERA PER FLAUTO VOL. I-II (2015) Matteo Cesari flauto Vanitas 2015 2CD Van 001- Van 002
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SCIARRINO L'OPERA PER FLAUTO VOL I (2001) Mario Caroli flauto Stradivarius 2001 CD STR 33598
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SALVATORE SCIARRINO- FABBRICA DEGLI INCANTESIMI (1990) Roberto Fabbriciani flauto col legno WWE 1990 CD 31884 col legno WWE 1997 CD 31884 (ristampa del precedente) EMG Classical 2011 CD 942 314 002-2 (ristampa del precedente)
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FANTASIA SU ROBERTO FABBRICIANI (1983) Roberto Fabbriciani flauto Philips 1983 LP 411 066-1
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· Brendan P. MCCONVILLE, 'Reconnoitering the sonic spectrum of Salvatore Sciarrino in “All’aure in una lontananza”', in «Tempo», vol. 65, issue 255 (january 2011), pp. 31-44.