Le nostre capacità linguistiche si articolano in modi infiniti. Fra di essi trova posto anche l'educazione, nel senso di predisporregli altri all'ascolto del proprio linguaggio.
Pur essendo un bene prezioso che crea comunità e fratellanza, ugualmente il linguaggio può irrigidirsi nel più incontrollatoautomatismo. Ciò accade nella banalità di tutti i giorni, ed è a fronte di essa che ogni artista avrebbe sempre da contrapporrequalcosa di nuovo. Quando però la creatività raggiunge i massimi livelli e veramente si infrangono gli automatismi, il linguaggiogiunge a capovolgere i significati abituali: come allora potrebbe farsi accettare il linguaggio, in tutta la stranezza di questoprimo momento? Ecco perché qualche artista agisce sulla percezione, sull'ascolto prima che sul suono, e muove verso ilvertice della comunicazione vera, quella che gli fa ripercorrere con mano amorosa i contorni stessi dell'uomo, della sua mente.Io sono un compositore, e per cogliere la rete di relazioni che è il linguaggio (che è la vita) non scrivo saggi. Mi farebbe piacereche tutti godessero di tali relazioni e mi muovo in tal senso. Porterò degli esempi.
Anni fa ebbi voglia di mostrare con i suoni quanto Gesualdo sia moderno, che diventasse un autore di oggi e stesse fra noi.Volevo che dai suoi accordi imprevisti uscissero fuori i coltelli e le pistole che io sapevo intuire. Successivamente, per dimostrarequanto la curiosa musica di Domenico Scarlatti sia solcata da folgoranti anticipazioni di Beethoven, non ho scritto alcunsaggio ma ho composto dei quartetti in preciso stile classico.
Questo genere di esercizi si avvale di tre stili: anzitutto quello originale dell'autore da cui parte il viaggio, mentre quello idealedel quartetto costituisce l'imbarcazione su cui viaggiamo. Terzo, il pensiero moderno che disegna forme nuove, e inconsueteforme di forma; così permettendo il salto logico necessario, e il cortocircuito spazio-temporale tra epoche e luoghi diversi.
Storie di altre storie, pezzi appena accostati e non fusi insieme, la cui estraneità si capovolge in legame. Ogni storia porta consé digressioni lontanissime eppure l'una trasparente all'altra. Il futuro, a ben guardare, ci era apparso venato di passato.
E nel passato saranno venature di futuro.
Il primo movimento accoglie tre autori diversi: comincia l'Adagio per glassarmonica di Mozart, un brano dal suono freddoargenteo, che io ho voluto trasformare in oro. Per accentuarne la calda lucentezza, naviga adesso tra suoni oscuri. Rose Liz diMachaut ha preso un timbro sempre cangiante. L'Adagio cantabile di Domenico Scarlatti è il punto di arrivo dove questonotturno si conchiude.
Seguono, separati, due brevi movimenti: Allegro e Vivo. Affinché si senta di quali premonizioni siano tessuti alcuni passaggidi Scarlatti, li ho immessi in una rigorosa macchina orchestrale strawinskiana, anche se ho commesso piccole volontarieinfrazioni. Per esempio, rispetto al modello storico de Le Sacre, l'organico è un po' ridotto. E poi l'impianto ad eco, lapresenza familiare ed eccezionale della fisarmonica, l'odore eclettico di periferia, che emana pieno da uno strumento adusoper sua natura a raccontare altre storie.
Talvolta l'ascolto può essere intelligente e divertente, istruttivo senza perdere il bagliore della fantasia, e portarci l'emozionedella scoperta. Infiniti i capolavori nascosti sotto gli occhi di tutti.
Storie di altre storie è dunque un invito a guardare molto al di là d'ogni apparenza. Un invito a essere generosi nell'aprire lamente, come generoso è il mondo della creazione.