1. Trascrizioni
Una trascrizione non equivale al semplice trasloco delle note, quasi riversate meccanicamente dentro un altro organico. Mutare strumento, ce lo insegnano i Classici, vuol dire mutare scrittura, forma, tutto ciò insomma che dà la reale fisionomia sonora di un'opera.
Le estetiche vigenti hanno, invece, un'idea piuttosto schematica dello spirito umano. Per esempio le società degli autori (e i dilettanti), credono nell'originalità. Col quale criterio se oggi rivivesse Bach i diritti dell Offerta musicale andrebbero a Federico il Grande, sempre che l'Autore del tema ne avesse concesso l'utilizzazione. Col quale criterio Mozart sarebbe finito in galera per plagio. Col quale criterio le ammirevoli parafrasi di Liszt sono state confinate nei magazzini di refurtiva. Anche solo scrivere variazioni oggi sarebbe illegale senza l'autorizzazione dell'Autore. In compenso le tecniche e le invenzioni strumentali non si brevettano. Altrimenti molta musica odierna mi sarebbe non muta debitrice. Così, alimentiamo un pantano di illusioni, di infinite originalità, che si somigliano tutte.
Dove l'ingegno umano? Risiede più nell'inventare, o nel variare? Quell'inesauribile trascolorare che caratterizza un'interpretazione dall altra rende vivo anche il rapporto personale che ci intrattiene con l'opera, fortunatamente. Se l'arte fosse solo un'intangibile fila di capolavori, la noia delle vetrine avrebbe già soffocato lo spirito umano. La fantasia rende fertili le cose più note, le più banali. Si producono diversi stati di coscienza, un'altalena, un turbamento forse, talvolta un ribaltarsi del senso che rende inutile discernere quale sia vero o cosa lecito.
(1986)
2. Dopo "Giovanna D'Arco", alcune riflessioni
Gli artisti spesso violano le opere del passato. Goffe ed egocentriche, le cadenze di Brahms per Mozart, ad esempio. Schiaccerebbero i concerti per cui furono pensate. Sapeva Brahms di attentare al suo Mozart dietro un'apparenza d'amore? Il rapporto con le opere dell'altro deve essere reciproco, non luogo dell'usurpare. Questo afferma oggi la Giovanna D'Arco. Un atto di amore e d'intelligenza che a prezzo di infiniti aggiustamenti dissimuli il più possibile le proprie sembianze e formuli nell'altro, inseguendo un'immagine mai vista, come l'altro la immagina. Ambizione ben più sottile che lo spandere dappertutto la propria identità.
Non di un falso si tratta, perché il falso non è guidato dall'esattezza di stile ma aspira all'inganno di un istante. Quest'opera invece è frutto d'immaginazione. Ciò che la differenzia dai confusi abituali commerci col passato è dunque l'atteggiamento verso la musica come forma del pensiero: un più acceso percepire apre a una compiuta conoscenza del linguaggio, del mondo.